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Centenario Scalabriniano a Notre-Dame

Messa a Notre Dame

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Domenica 23 ottobre 2005, nella cattedrale Notre-Dame di Parigi è stata celebrata la messa all’occasione della settimana dei Missionari, ed in onore del centenario Scalabriniano; ricorre infatti quest’anno il centenario dalla morte del beato Giovanni Battista Scalabrini (1830-1905), Vescovo di Piacenza, "padre" degli emigranti, fondatore, nel 1887, della Congregazione dei Missionari di S.Carlo, e beatificato nel 1997.

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Durante questa sentita e commossa cerimonia, concelabrata dai Missionari Scalabriani di Parigi, tra i quali Padre Sandro Rossi e Gianni Bordignon della Missione Cattolica Italiana, si è potuta apprezzare una forte partecipazione delle comunità "migranti" italiana, spagnola, portoghese e filippina; la cattedrale era infatti gioiosamente ricolma di fedeli, inquadrati da una eccellente organizzazione.

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L’Arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, ha ricordato che i Padri Scalabriniani sono presenti in quattro continenti, nonché, al nostro fianco, qui in Ile de France. L’omelia ha toccato temi attuali e molto sentiti: amore verso il prossimo e soprattutto verso l’emigrante, modalità e il senso della Missione oggi.

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Ha particolarmente sottolineato: " Nei nostri ricordi di infanzia, il Missionario era l’uomo di fede che partiva verso terre lontane per predicare il Vangelo e convertire, ma dietro l’azione dei Missionari ci sono progetti di educazione, medicalizzazione e soprattutto una pratica quotidiana di carità. Le Missioni sono ormai alle nostre porte e riguardano uomini venuti da ogni parte del mondo ...

Il Santo Padre ha dedicato proprio questo anno al tema "dell’accoglienza dell’immigrato", ricordandoci che tutti noi abbiamo bisogno di essere accolti in qualche luogo; nessuno di noi ha realmente una patria ma che questa è dentro noi stessi. ... I nostri Stati devono essere in grado di inventare nuove modalità di accoglienza; accogliere l’immigrato, per noi cristiani, significa condividere con lui quello che noi abbiamo, dobbiamo essere pronti ad ascoltare, parlare e farci carico dei suoi problemi, delle sue ansie, fargli sentire che per noi tutti gli immigrati sono dei "fratelli"".

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